V. Fabio. La prima domanda che mi viene in mente è: chi è Fabio Attanasio?
F. Uno a cui piace raccontare storie, che in un’altra vita avrebbe fatto il giornalista probabilmente, ma che dati i tempi si è adeguato e ha deciso di sfruttare questa sua passione per l’artigianato e il Made in Italy attraverso un mezzo diverso da quello che è il classico magazine ma, come tu mi insegni, attraverso un sito o dei social che mi permettono appunto di raccontare. Quello è il senso principale della mia attività: raccontare di The Bespoke Dudes, una community virtuale di appassionati per temi come la qualità e l’artigianato.
V. Quando è nato questo tuo progetto e quali storie in particolare ti piace raccontare?
F. È nato il 5 marzo 2012. Mi piace raccontare storie che abbiano a che fare con il mondo dell’artigianato, dell’eleganza classica, del made in Italy e non solo: il mondo della sartoria, del classico maschile nell’abbigliamento, da uno champagne ad un’automobile. Diciamo che sono i piaceri dell’uomo. Io voglio raccontare perché qualcosa costa di più di un’altra; non mi piace perché costa, ma perché c’è qualità. Poi il fatto che costi è una conseguenza.
V.Come è nata l’idea di The Bespoke Dudes? Te lo ricordi quel 5 marzo?
F. Mi ricordo tutto quello che c’è stato prima del 5 marzo che era appunto la mia esperienza in Bocconi… Ecco a 19 anni mi sono trasferito a Milano e ho iniziato a studiare Giurisprudenza in Bocconi perché credevo di voler fare l’avvocato o il magistrato. In realtà non avevo una passione per la materia, non avevo la vocazione per il diritto, ma non ero consapevole di questa mia discrepanza interiore. La sovrastruttura era convinta di voler fare qualcosa, ma l’anima voleva altro. Questo contrasto si manifestava attraverso uno stress nello studio. Io sono sempre stato abbastanza severo con me stesso e soffrivo proprio nello studio del diritto, che trovavo – passami il termine – una sorta di “violenza” alla mia anima benché mi interessasse e mi affascinasse il linguaggio giuridico, perché mi piacciono le parole. Lo studio del diritto richiede una mente che io ammiro; una mente che riesce ad assimilare un sistema con metodicità. Io dico sempre che sono tondo e che invece la facoltà di giurisprudenza richiede qualcuno veramente più quadrato. Non ho un metodo, mai avuto un metodo. Mi sentivo uno molto più creativo da questo punto di vista ma non ero consapevole di questo mio lato creativo perché le scuole non ti insegnano a sviluppare questo carattere. Mi piace quella frase che dice: “Se tu dici a un pesce di scalare la montagna il pesce si sentirà fallito” perché non può assolvere quella funzione. Un giorno decido di partire. Galeotto è stato un viaggio nel 2011 a Buenos Aires per studiare un semestre alla UBA – Universidad de Buenos Aires. L’aneddoto che racconto spesso parla di un pomeriggio in cui studiavo diritto ambientale con una collega. Mi ricordo di tutte quelle normative che non mi entravano in testa. E mentre lei studiava io invece visitavo The Sartorialist, Jack & Gill e altri… tutto quel mondo dello streetstyle di Pitti Uomo in particolare. Ero arrivato a una cartella dei Preferiti sul computer che contava 100 indirizzi, una lista eccessiva con una cartella anche solo sull’Hard Disk in cui accumulavo tutte le immagini che mi interessavano. Lei mi ha chiesto “Perché non apri il tuo sito” e la mia reazione fu “Ma ti pare, io sarò un avvocato”.
Quella, se io dovessi tornare indietro e collegare i puntini, è stata la prima volta che qualcuno mi ha messo la pulce nell’orecchio e mi ha fatto notare che potesse esistere per me un’alternativa al mondo del diritto. E così torno in Italia nel 2011 e il 5 marzo 2012 apro questo sito. Mi laureo nel 2013 e mi dedico a questo progetto. Ho avuto sempre la fortuna di essere stato il primo sito in Italia che parlava di sarti. Nel 2012 la gente non sapeva nemmeno cosa fosse il Bespoke o comunque non era così comune come adesso. L’imprinting sicuramente c’era già in famiglia per via di mio padre che vedevo sempre in giacca e cravatta. E poi ho sempre avuto la mia seconda università cioè mi sono preso una laurea da solo nel senso andando in giro per sartorie quindi spontaneamente di tasca mia. Io andavo, viaggiavo, portavo un fotografo che era un mio compagno di classe andavamo in giro a bussare alla porta delle sartorie. La prima è stata paradossalmente a Milano, Nicoletta Caraceni, la figlia di Ferdinando Caraceni, e lì ebbi una visione. Mi ricordo di essere entrato in questa sala in cui c’era un muro pieno di tessuti e ne ho voluto sapere di più. Così ho iniziato ad andare in giro, Milano, Firenze, Roma, Napoli, Puglia, Sicilia e Sardegna. Sono andato a New York, a Londra, a Parigi, a Varsavia. All’inizio pagavo tutto di tasca mia e poi insomma sono arrivati i primi contratti. Ma questo è uno step successivo. Il mondo dell’artigianato mi affascinava sempre di più. Mi sedevo nella loro bottega e all’inizio c’erano delle reticenze. Erano un po’ riluttanti perché non ero un giornalista, e magari temevano che io potessi essere un futuro competitor. Poi capivano che in realtà ero interessato solo a raccontare la loro storia e quindi ho avuto delle esperienze fantastiche. Sono andato in giro per botteghe dei Quartieri Spagnoli della mia Napoli, in posti affascinanti e assurdi che magari mai avrei avuto modo di scoprire se non fosse stato per il mio lavoro e per questa mia passione. Continua a leggere cliccando il pulsante in basso Avanti >